giovedì 9 maggio 2024

venuta al mondo - la discrezione del primo candore

 

La tua pelle,

eterogenea,

sboccia,

sulla crosta fragrante di questa vita.


Nel fragore dei fiori novelli,

incarni, fra tanto verde,

il nuovo traslucido pigmento.


Di beltà colori gli astri,

sulle giovani notti.


Sole vermiglio,

discreto candore di tutte le albe fortuite.

Luna gentile,

il viso pieno, nel sonno della conoscenza.


Verginale 

rammenti, a noi che ti guardiamo confusi,

l'errore,

l'esserci smarriti nell'oblio.



mercoledì 8 maggio 2024

Tiglio, senza saperlo


Accucciata, 

sotto il tiglio imperioso,

nervosa, come al primo appuntamento,

giungo le mani e ringrazio.


"Perché?", mi dico.

Ciò che voglio è un rapporto alla pari, diretto, frontale!

Non intendo instaurare con l'albero una relazione claudicante, i cui piani poggiano su livelli disgiunti e lontani, tali da separarci.

Il tiglio stesso lo chiede!

Le foglie panciute, fresche di verde primaverile esaltato da venature incisive, sembrano tacere e allungarsi per stringermi la mano,

intuisco.

Il loro fruscio è confidenziale, sinuoso.

È chiaro che tentano di corteggiarmi.


Provo amicizia, fin da subito!


Guardando la moltitudine di rami, mi chiedo se siano tutti suoi.

Sto immaginando che il tiglio padre ospiti un gran via vai di prole (tutti i suoi folti bracci).

Che siano in tanti lassù, nel fittume di quella chioma generosa?..

Forse è così anche per me.. "siamo in troppi qui dentro", osservo cauta.


Che poi, cosa cambia?

Dovrebbe significarmi un insieme di simili avveduti, che si orientano verso una sola intenzione..

Forse è proprio questo che rende i piani della nostra conoscenza disgiunti..

l'arbusto si espande armonico nella molteplicità, mentre in me la pluralità si esprime goffa e mi fa sentire precaria.


Il tiglio, 

attraverso l'occhio robusto della corteccia,

mi vede,

esigua....

....senza saperlo 


domenica 5 maggio 2024

il canto balordo della vertigine

 


Il vapore del bagno caldo aveva eclissato, come un sipario che va celando la scena, il volto silente nello specchio.

Quella feroce sparizione aveva generato un grido, dal profondo ignoto.

Poco prima il viso rifletteva tutta la mia crudezza. Greve e pallida la carne, come posticcia sulla maschera Bauta, mi aveva ricordato le donne del secolo scorso. I loro segni, impavidi, esibivano la decadenza dei sogni frantumati. Guardandomi, ne ero terrorizzata!! Quegli scavi, sotto gli occhi tumidi, mi ricordavano fosse cimiteriali, pronte ad accogliere nella loro oscurità la vita che si era arresa.

Ero così attenta a cercare il segreto, intrappolata nelle pieghe di quei segni, da non accorgermi che lentamente venivo cancellata dal vapore.

La stanza da bagno mutava in claustrofobica sauna finlandese; ogni cosa assumeva il medesimo colore dell'evanescenza.

Il corpo si vanificava nel tepore grigio che affrettava la mia estinzione dal presente. Il calore nella stanza era così rovente che piangeva i suoi fumi. Ed io, senza più un volto riflesso, senza più un corpo definito, esistevo unicamente nella dimensione percettiva.

Le sensazioni stavano creando una me nuova. La cecità mi rivelava una vita oltre il conosciuto. Ero quasi felice, adesso, per non vivere nel visibile e mi muovevo in quel groviglio umido con la materia indistinguibile del corpo.

Avevo, finalmente, raggiunto la cascata dell'acqua che piombava dalla doccia. Calda, la sentivo spumeggiare sulle mani. Fui avida! Mi precipitai sotto quel getto così affettuoso, quasi che lo scrosciare dell'acqua sul corpo potesse ridarmi una forma riconoscibile.

L'acqua, benedizione estatica, mi dava sollievo! Era come approdare sulla terra ferma, dopo tanto mare aperto.

Ne fui sorpresa! Avevo davvero creduto che mi sarei perduta per sempre? Era, dunque, così facile smarrire la memoria di sé? Prima di tutto questo, chi ero? Cosa mi attendevo dal volto riflesso in quella superficie bagnata? Un impulso narciso, menzione del proprio fascino? O, forse, paura di essere quell'espressione di cruda verità?

In tali quesiti lasciavo che il bagno caldo scivolasse sulla pelle, che ridiveniva, in pochi attimi, consistente e rosea.

Finita la toletta, ancora incastrata nel torpore acquitrinoso di quel sogno, aprii decisa la stanza-sauna, liberando al di fuori piccoli banchi di fumo palpabili che si liquefacevano, poi, sulla vetrata della porta. Uscire da lì significava lasciare per sempre un'esperienza e decisi di farlo, senza udire i grappoli di pensieri che ponevano resistenza.

Lasciai definitivamente la stanza dei vapori per entrare nella realtà, riscaldata soltanto dall'accappatoio di spugna color lavanda.

Quell'eccesso di emozioni e radiose rivelazioni dell'animo mi permettevano, ora, di vagare scaltra nel perimetro luminoso del nostro appartamento. Inventavo balorde canzoni di sana pianta e danzavo sfrontata, frizzante di gioia, in un festoso e impudico abbandono di sensi, quando, nello svolazzo irrefrenabile, atterrai sul pavimento del cucinotto. Precipitai sulle trame rosse del tappeto persiano come cadendo da una giostra in corsa. Il tonfo, sonante, deciso, non impedì alla bambina dentro me di ridere dal profondo. Ero nuova!! Valeva, dunque, la pena celebrare!

Dalla piccola finestra della sala da pranzo, un occhio rettangolare sospeso al centro della parete, potevo mirare la distesa azzurra, puntinata di minuscole barchette, sbiadite dal sole infuocato delle tredici e trenta. Una lastra blu incisa, sul fondo lontano, da una linea orizzontale impeccabile, sopita nell'impalpabilità dell'orizzonte.

Come da bambina, anche adesso, contemplando il mare, vedevo guizzare sulla schiuma delle onde una sirena, la cui pinna, imperlata di scaglie dorate, schioppava fuor d'acqua e, subito al di sotto, elegante e lasciva si dileguava nei fondali abissinei.

Nuovamente mi sdoppiavo:

sul tappeto, gaia e luminosa, accettavo il destino umano; fra le onde, laggiù, ero invece donna pesce sprezzante, vittima di una possessione, liberata, forse, dal dogma terrestre.

Lentamente mi addormentai, dentro il labirinto damascato del tappeto, lunga e felice, senza saperlo.


sabato 4 maggio 2024

le istruzioni smarrite

 



Ricordami gli appuntamenti imperdibili della vita.

Devo aver smarrito le istruzioni.

Perciò il mio proseguire è fatto, ora, di alcune vivide certezze e a queste mi attengo:

l'atto del nascere,

i giochi insoddisfatti dei bambini,

lo strazio dei malanni 

e tante mattine malinconiche.


Ah! Dimenticavo:

i gigli fulgidi in primavera,

certi rari arcobaleni affrescati su cieli bronci,

le lunghe e profumate sere estive.


La musica,

quella sonata e quella udita.


Ho certezza, rovistando nella chincaglieria della memoria,

di sonni grevi, profondi,

frantumati nelle cavità umide di altre cento vite, fra loro connesse.


Di tutte le istruzioni ricordo che i fratelli vanno saputi amare anche a distanza 

e che non vi è nulla di più nobile di un pensiero ben rivolto.


Ripenso al guaito del cane abbandonato, 

che, con tutta la sua natura,

cercava verosimilmente l'apparenza umana.


Ora ho ricevuto un insegnamento:

"non fare promesse che non puoi mantenere!"


Fra innumerevoli statistiche ve n'è una curiosa:

ad ogni vita che si spegne,

corrisponde la nuova nata,

già pronta a sbocciare....


Credo di ricordare che, in quelle istruzioni perdute, vi fosse una nota a margine..

Più o meno citava:

"Se non comprendi il senso,

non cercarlo!

Tutto è Sogno!!"


giovedì 2 maggio 2024

nudità mediocri


 Lo strumento musicale 

si arrischia il compito di traghettare l'inconosciuto 

verso nuovi linguaggi,

incomprensibili ai più.


Giace in me,

nell'abside concava del ventre,

vibrante come tremore d'animo.


Istruisce il corpo all'abbraccio integrale,

quand'egli s'indaffara con la disobbedienza di un muscolo riottoso.


Sacrifica il soave, 

si accontenta di mille suoni mediocri.


Vive la mia stessa pelle,

i sentimenti più crudi,

gli umori arcaici.


Non ho più scampo..

la sua funzione:

svelare ogni mia nudità!


martedì 30 aprile 2024

era meglio ridere


 Ho promesso di non rimproverare la mia fragilità,

di fronte alla quale 

sorrido, ora, con impudicizia.


Era molto meglio ridere 

quando, severa, giudicavo l'imperfezione.


Così poca cosa ero

nel verdetto impietoso.


Bastava solo risplendere 

con incoscienza,

spogliarmi dell'armatura 

e liberare il cuore fanciullo.


virtù egocentriche dei fiori

 



Avevo raccolto un fiore,

una volta..


Me ne rammaricavo,

afflitta per la barbarie.


Strappare vanità 

ai loro giardini..


Quel fiore, emblema di candida virtù,

mi piaceva

e anelavo tenerlo tutto

per me.


Volevo fosse mio

e lo avrei restituito alla terra.


Che egoista!

Possedevo tutto!


Volevo averlo e dispiacermene.


domenica 28 aprile 2024

il giaciglio dei poeti


 

L'unica vera Patria 

a cui riconosco eccelse onorificenze 

è, a gran merito: il Letto!


Vorrei celebrare il letto dei poeti,

tempio sacro di plurimi rituali,

penisola che, dal muro verticale a spalliera,

si estende all'interno della grande pancia della camera dei sonni.


È luogo d'incanto e trasformazione.


Una zattera leggera, 

il letto,

su cui, lasciva, mi concedo agli effluvi germogliati nella scrittura,

nella lettura rapace,

nei pensieri intricati.


Mi lascio galleggiare,

ove la vita orizzontale si fa' lieta.


Il corpo sfrutta l'ozio,

incoraggiato dal comodo giaciglio,

si nega alla verticalità,

rifugia tutto sé stesso nel capezzale dei sogni.

Orizzontale, il corpo, è fuor di dubbio fucina creativa di forme audaci.


Il letto in questione è luogo magico,

ove l'occhio s'allena all'esperienza visionaria.


È qui che s'affollano le arti 

è qui che s'incrociano le preghiere

con i pianti, insaziabili.


Su questo esotico veliero appiccico la mia carne animata.

Da qui non voglio più scendere.


la pazienza dell'acqua

 



Con avidità uccido la Conoscenza 

ignoro profondamente l'Intelligenza antica.


Quanto più desidero,

tanto più vanifico.


Il "Sapere"

conosce la lentezza

e .... attende.

Non divora,

si nutre con amore paziente.


Quando l'acqua scorre,

la contempla.

Non vive l'angoscia di annegarvi, sommersa.


Il "Sapere"

agisce nel silenzio 

e può Tutto,

anche Morire,

senza l'avidità bruciante della paura,

senza il sussulto delle ossa disincarnate e lievi.


Morire,

fra l'acqua scivolosa..

Morire,

ecco Tutto!


giovedì 25 aprile 2024

i giochi invisibili


 Ti ho vista carezzare le siepi dei giardini.

Camminavi lesta,

per frusciare la vegetazione croccante sulla pelle curiosa della giovane mano.


Eri tu,

impavida, a far suonare il metallo dei cancelli,

con le dita distese e turgide.


<<Credo ancora che le cose toccate si accendano di fervore?

Pensavo di alterare la verità, in quel gioco "illecito". 

Che bugia puerile!

Reale era tutto ciò che sentivo>>


Sceglievi precipitarti su strade longilinee, in cui difficile è sapere dove si è realmente.

Sui marciapiedi infuocati d'agosto si può essere invisibili e, al tempo stesso, 

ogni cosa immaginata.


Ti osservo sul quadrato di sabbia.

Il tuo gioco è muto, mentre il mare spasima a gran voce

scavare - scavare - 

e trovare l'acqua schiumosa della sorgente.


Cavarci lo svago da ogni dolore!!


Intarsiare la corteccia del pino,

savio, sacrificato al gesto indomito dell'impulso..

ivi, incidere in bel corsivo il nome, per non scordare..


E poi, daccapo, 

fuggire la bellezza del mondo.


Il tuo sorriso immoli alla nera luna 

mentre sogni, delusa,

i giochi invisibili della notte


lunedì 22 aprile 2024

Undina (dagli elementali di Paracelso)


 Raccontami una storia,

tu che partecipi alle favole con incanto.

Che ruolo avremo,

in questa fiaba senza ritorno?

Imbratteremo le nostre corse, mordendo fragole sanguinose?

Ci sarà spazio per le capriole ridanciane,

gridate nei crepacci della terra?


Più in là,

dopo i papaveri fascinosi e smaltati,

raggiungo il grande lago,

brodoso e smeraldino,

brillante sotto gli astri.


Attendo che mi raggiungi,

inginocchiata sul verde.


Le acque mi chiedono d'entrare 

e svaporarmi, come Ondina dai capelli d'alga.


Ecco perché non mi hai trovata:

il brodo fresco mi ha resa evanescente,

come la luce sotto la superficie.


Ora, fammi uscire!


La vita, fuor di questa fabula,

è tenerci per mano.


domenica 21 aprile 2024

il corpo Re


Ho percorso strade impervie

sedotta dalla legge del Re:

"Punizione o Ricompensa".

Con la prima giustificavo le mie debolezze.

La seconda mi è servita per gratificare le aspettative,

fin troppo ambiziose perché potessi ricevere in cambio il giusto riconoscimento.


Frattanto il corpo sentiva e, qualche volta,

lanciava i suoi moniti.

"Nel corpo vi è la capacità di ogni fallimento".

Esso mira a comunicare con l'ottuso nostro essere,

per sviarlo, credo, dalla tentazione di essere ricompensato

o, al pari, punito.


Il corpo assume le sembianze del dolore,

affinché possiamo svelare gli errori del pensiero.

Soggiace alle metamorfosi più stravaganti

e quando la nostra indifferenza è troppa,

si mortifica del tutto.


Sotto l'abito di questo corpo

respira una creatura ottusa,

satura di pensieri;

essa crede con forza di potersi disfare del vestiario fisico, pretende togliersi l'ingombro al più presto.

"tanto l'anima si basta da sola"..

non sa di irretire sé stessa in quel pensiero banale..


È allora che il corpo si fa' fortezza 

e rapisce la povera anima,

segregandola nella fredda torre.

È questo il luogo nel quale Essa

impara (è plausibile) ad amare il suo Re.


sabato 20 aprile 2024

cos'è l'amore?




Tanto all'amore non giovan questi baci. 

Ad esso và dedicato l'orientamento,
l'allegrezza degli sguardi contigui,
la cura delle parole magiche,
gli abbracci salvifici.

E, poi,
dopo l'esser stati presenti ai pianti e ai sorrisi,

.... i baci,
tanti, 
all'amore van restituiti.



il sogno felice d'esistere

 



Ricordarmi del buio, 
quando la luce gonfia la pelle.

Sapere che vi è un'ombra di solitudine,
fra le trame tessute nel sole,
 tanto cara all'animo 
che giustifica, in essa, la sua caducità.

Sentire i chiaro scuri
nell'allucinazione del vivere.

Rincorro la promessa,
inciampo nell'oblio.
Noncuranza che tradisce il sogno felice d'esistere.

Questa luce, nello spasmo del cuore,
si ravviva mentre infilo, distratta,
una mano in tasca
e mi ricordo, allora, di aver vissuto quale sagoma disincarnata.

In tale, nuova luminosità 
scorgo, altresì chiaramente, 
la forma di questa materia bellissima.

Scalza, mi aggiro fra i recinti polari che mi contengono 
ora grigia, ora maculata di fulgidi sorrisi.

Ricordarmi di tutto,
lontano o attiguo,
il volto doppio di persona umana.

venerdì 19 aprile 2024

le ore delle rose


I giorni si realizzano spicci

e i petali si sciolgono, incalzati dalle ore fulminee,

immemori del loro colore.


Dissipare la carne,

tentano le ore, incapaci di estinguerne la virtù.


Ciò che sopravvive in chi ama la rosa 

è il penetrante, 

prolungato profumo,

sì che le ore delle rose odorano perpetue 


giovedì 18 aprile 2024

il "Dopo" dello svelamento



Dopo ciò che avevamo atteso con bruciante fervore, 

non rimane che il prossimo bruciante desiderio,

il quale cederà posto, dopo, ad un altro sospiro agognato e, dopo, l'urlo esausto dell'inafferrabile, taciuto solo dal rinnovato bisogno; riacceso, poi, dal venturo "dopo".

Ogni nostro "dopo" sgretola il promontorio a strapiombo, fino a polverizzarlo nel mare rosso dell'ineluttabilità.

Realizzo così, che l'ossessione degli infiniti ricominciamenti dà luogo all'unica legge gravitazionale reiterata nell'umana natura:

"Siamo sospinti all'imperituro basso piano dell'adesso, il quale sempre illude le nostre attese".


l'Appuntamento




I fiori, nei campi, si adunano all'appello, con gioia.
Hanno atteso la stagione, pazienti, nell'intimità dei loro involucri.

La nostra stagione incombe.
Con sollievo schiudiamo i petali profumati!
Ritroviamoci al fresco profumo dei ricordi e delle vite nuove!

Tu ed io, fiori del mondo, coloreremo questo giorno di affetti.

La carne dei nostri pistilli sarà lucciola briosa nel buio dell'Anima.