mercoledì 8 maggio 2024

l'occhio robusto della corteccia


Accucciata, 

sotto il tiglio imperioso,

nervosa, come al primo appuntamento,

giungo le mani e ringrazio.


"Perché?", mi dico.

Ciò che voglio è un rapporto alla pari, diretto, frontale!

Non intendo instaurare con l'albero una relazione claudicante, i cui piani poggiano su livelli disgiunti e lontani, tali da separarci.

Il tiglio stesso lo chiede!

Le foglie panciute, fresche di verde primaverile esaltato da venature incisive, sembrano tacere e allungarsi per stringermi la mano, intuisco.

Il loro fruscio è confidenziale, sinuoso.

È chiaro che tentano di corteggiarmi.


Provo amicizia, fin da subito!


Guardando la moltitudine di rami, mi chiedo se siano tutti suoi.

Sto immaginando che il tiglio padre ospiti un gran via vai di prole (tutti i suoi folti bracci).

Che siano in tanti lassù, nel fittume di quella chioma generosa?..

Forse è così anche per me.. "siamo in troppi qui dentro", osservo cauta.


Che poi, cosa cambia?

Dovrebbe significarmi un insieme di simili avveduti, che si orientano verso una sola intenzione..

Forse è proprio questo che rende i piani della nostra conoscenza disgiunti..

l'arbusto si espande armonico nella molteplicità, mentre in me la pluralità si esprime goffa e mi fa sentire precaria.


Il tiglio, 

attraverso l'occhio robusto della corteccia,

mi vede,

esigua, sudata.

Esorcizzare la forza di tanta natura pervadente è fallace!

Mi arrendo e mi lascio guardare 



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