mercoledì 15 maggio 2024

una madre


 ....ad ogni modo..

una madre passeggia di consueto i giardini profumati del cuore.

Ne frequenta le primavere, 

gonfie di pigmenti generosi,

quand'anche gli inverni aridi rattristano l'umore.


In quei giardini,

ivi le stagioni si susseguono voraci,

la madre impara ad esser donna.


L'arte di esistere ha l'età dell'esperienza,

sicché la madre è più bella se cerca sé stessa,

laddove s'assenta la prole.


Perché, in fondo,

i figli s'han da regalare al mondo 


giovedì 9 maggio 2024

venuta al mondo - la discrezione del primo candore

 

La tua pelle,

eterogenea,

sboccia,

sulla crosta fragrante di questa vita.


Nel fragore dei fiori novelli,

incarni, fra tanto verde,

il nuovo, traslucido pigmento.


Di beltà colori gli astri,

sulle giovani notti.


Sole vermiglio,

discreto candore di tutte le albe fortuite.

Luna gentile,

il viso pieno, nel sonno della conoscenza.


Verginale 

rammenti, a noi che ti guardiamo confusi,

l'errore,

l'esserci smarriti nell'oblio.



mercoledì 8 maggio 2024

l'occhio robusto della corteccia


Accucciata, 

sotto il tiglio imperioso,

nervosa, come al primo appuntamento,

giungo le mani e ringrazio.


"Perché?", mi dico.

Ciò che voglio è un rapporto alla pari, diretto, frontale!

Non intendo instaurare con l'albero una relazione claudicante, i cui piani poggiano su livelli disgiunti e lontani, tali da separarci.

Il tiglio stesso lo chiede!

Le foglie panciute, fresche di verde primaverile esaltato da venature incisive, sembrano tacere e allungarsi per stringermi la mano, intuisco.

Il loro fruscio è confidenziale, sinuoso.

È chiaro che tentano di corteggiarmi.


Provo amicizia, fin da subito!


Guardando la moltitudine di rami, mi chiedo se siano tutti suoi.

Sto immaginando che il tiglio padre ospiti un gran via vai di prole (tutti i suoi folti bracci).

Che siano in tanti lassù, nel fittume di quella chioma generosa?..

Forse è così anche per me.. "siamo in troppi qui dentro", osservo cauta.


Che poi, cosa cambia?

Dovrebbe significarmi un insieme di simili avveduti, che si orientano verso una sola intenzione..

Forse è proprio questo che rende i piani della nostra conoscenza disgiunti..

l'arbusto si espande armonico nella molteplicità, mentre in me la pluralità si esprime goffa e mi fa sentire precaria.


Il tiglio, 

attraverso l'occhio robusto della corteccia,

mi vede,

esigua, sudata.

Esorcizzare la forza di tanta natura pervadente è fallace!

Mi arrendo e mi lascio guardare 



domenica 5 maggio 2024

il canto balordo della vertigine

 


Il vapore del bagno caldo aveva eclissato, come un sipario che va celando la scena, il volto silente nello specchio.

Quella feroce sparizione aveva generato un grido, dal profondo ignoto.

Poco prima il viso rifletteva tutta la mia crudezza. Greve e pallida la carne, come posticcia sulla maschera Bauta, mi aveva ricordato le donne del secolo scorso. I loro segni, impavidi, esibivano la decadenza dei sogni frantumati. Guardandomi, ne ero terrorizzata!! Quegli scavi, sotto gli occhi tumidi, mi ricordavano fosse cimiteriali, pronte ad accogliere nella loro oscurità la vita che si era arresa.

Ero così attenta a cercare il segreto, intrappolata nelle pieghe di quei segni, da non accorgermi che lentamente venivo cancellata dal vapore.

La stanza da bagno mutava in claustrofobica sauna finlandese; ogni cosa assumeva il medesimo colore dell'evanescenza.

Il corpo si vanificava nel tepore grigio che affrettava la mia estinzione dal presente. Il calore nella stanza era così rovente che piangeva i suoi fumi. Ed io, senza più un volto riflesso, senza più un corpo definito, esistevo unicamente nella dimensione percettiva.

Le sensazioni stavano creando una me nuova. La cecità mi rivelava una vita oltre il conosciuto. Ero quasi felice, adesso, per non vivere nel visibile e mi muovevo in quel groviglio umido con la materia indistinguibile del corpo.

Avevo, finalmente, raggiunto la cascata dell'acqua che piombava dalla doccia. Calda, la sentivo spumeggiare sulle mani. Fui avida! Mi precipitai sotto quel getto così affettuoso, quasi che lo scrosciare dell'acqua sul corpo potesse ridarmi una forma riconoscibile.

L'acqua, benedizione estatica, mi dava sollievo! Era come approdare sulla terra ferma, dopo tanto mare aperto.

Ne fui sorpresa! Avevo davvero creduto che mi sarei perduta per sempre? Era, dunque, così facile smarrire la memoria di sé? Prima di tutto questo, chi ero? Cosa mi attendevo dal volto riflesso in quella superficie bagnata? Un impulso narciso, menzione del proprio fascino? O, forse, paura di essere quell'espressione di cruda verità?

In tali quesiti lasciavo che il bagno caldo scivolasse sulla pelle, che ridiveniva, in pochi attimi, consistente e rosea.

Finita la toletta, ancora incastrata nel torpore acquitrinoso di quel sogno, aprii decisa la stanza-sauna, liberando al di fuori piccoli banchi di fumo palpabili che si liquefacevano, poi, sulla vetrata della porta. Uscire da lì significava lasciare per sempre un'esperienza e decisi di farlo, senza udire i grappoli di pensieri che ponevano resistenza.

Lasciai definitivamente la stanza dei vapori per entrare nella realtà, riscaldata soltanto dall'accappatoio di spugna color lavanda.

Quell'eccesso di emozioni e radiose rivelazioni dell'animo mi permettevano, ora, di vagare scaltra nel perimetro luminoso del nostro appartamento. Inventavo balorde canzoni di sana pianta e danzavo sfrontata, frizzante di gioia, in un festoso e impudico abbandono di sensi, quando, nello svolazzo irrefrenabile, atterrai sul pavimento del cucinotto. Precipitai sulle trame rosse del tappeto persiano come cadendo da una giostra in corsa. Il tonfo, sonante, deciso, non impedì alla bambina dentro me di ridere dal profondo. Ero nuova!! Valeva, dunque, la pena celebrare!

Dalla piccola finestra della sala da pranzo, un occhio rettangolare sospeso al centro della parete, potevo mirare la distesa azzurra, puntinata di minuscole barchette, sbiadite dal sole infuocato delle tredici e trenta. Una lastra blu incisa, sul fondo lontano, da una linea orizzontale impeccabile, sopita nell'impalpabilità dell'orizzonte.

Come da bambina, anche adesso, contemplando il mare, vedevo guizzare sulla schiuma delle onde una sirena, la cui pinna, imperlata di scaglie dorate, schioppava fuor d'acqua e, subito al di sotto, elegante e lasciva si dileguava nei fondali abissinei.

Nuovamente mi sdoppiavo:

sul tappeto, gaia e luminosa, accettavo il destino umano; fra le onde, laggiù, ero invece donna pesce sprezzante, vittima di una possessione, liberata, forse, dal dogma terrestre.

Lentamente mi addormentai, dentro il labirinto damascato del tappeto, lunga e felice, senza saperlo.


sabato 4 maggio 2024

le istruzioni smarrite

 



Ricordami gli appuntamenti imperdibili della vita.

Devo aver smarrito le istruzioni.

Perciò il mio proseguire è fatto, ora, di alcune vivide certezze e a queste mi attengo:

l'atto del nascere,

i giochi insoddisfatti dei bambini,

lo strazio dei malanni 

e tante mattine malinconiche.


Ah! Dimenticavo:

i gigli fulgidi in primavera,

certi rari arcobaleni affrescati su cieli bronci,

le lunghe e profumate sere estive.


La musica,

quella sonata e quella udita.


Ho certezza, rovistando nella chincaglieria della memoria,

di sonni grevi, profondi,

frantumati nelle cavità umide di altre cento vite, fra loro connesse.


Di tutte le istruzioni ricordo che i fratelli vanno saputi amare anche a distanza 

e che non vi è nulla di più nobile di un pensiero ben rivolto.


Ripenso al guaito del cane abbandonato, 

che, con tutta la sua natura,

cercava verosimilmente l'apparenza umana.


Ora ho ricevuto un insegnamento:

"non fare promesse che non puoi mantenere!"


Fra innumerevoli statistiche ve n'è una curiosa:

ad ogni vita che si spegne,

corrisponde la nuova nata,

già pronta a sbocciare....


Credo di ricordare che, in quelle istruzioni perdute, vi fosse una nota a margine..

Più o meno citava:

"Se non comprendi il senso,

non cercarlo!

Tutto è Sogno!!"


giovedì 2 maggio 2024

nudità mediocri


 Lo strumento musicale 

si arrischia il compito di traghettare l'inconosciuto 

verso nuovi linguaggi,

incomprensibili ai più.


Giace in me,

nell'abside concava del ventre,

vibrante come tremore d'animo.


Istruisce il corpo all'abbraccio integrale,

quand'egli s'indaffara con la disobbedienza di un muscolo riottoso.


Sacrifica il soave, 

si accontenta di mille suoni mediocri.


Vive la mia stessa pelle,

i sentimenti più crudi,

gli umori arcaici.


Non ho più scampo..

la sua funzione:

svelare ogni mia nudità!